Brand site e social media: ipotesi sul futuro dei siti web.

Quale ruolo ha ricoperto, ricopre e ricoprirà il sito web nella strategia online di un’azienda? Che missione possiamo affidare allo spazio digitale istituzionale del nostro brand nell’era del social media marketing? Siamo già in grado di ipotizzare possibili scenari futuri?

Se volete proviamo a rifletterci insieme partendo da questa rapida carrellata storica:


Preistoria
In principio fu il mitico “sito-vetrina” che tutti noi ricordiamo con un pizzico di malinconia. La marca esprime se stessa e la propria identità attraverso codici standardizzati, promuovendo valori e cultura in un monologo privo di interazione con il pubblico. Il sito è qualcosa da leggere e implica una modalità di fruizione passiva, priva di coinvolgimento.

Ieri – separazione
Dopo anni di monopolio comunicativo di portali e siti tradizionali, nascono i primi social network. In questa fase sperimentale le aziende (tranne rari casi pioneristici) non intuiscono a pieno le potenzialità dei nuovi canali e continuano a fare branding online alla vecchia maniera, tenendo ben separato il sito dal social media world. Le persone intanto possono parlare facilmente tra loro e parlano, tra l’altro, anche di marche e prodotti.

Oggi – integrazione
Mano a mano che crescono i numeri dei social media – in termini di dati assoluti e in termini di dieta mediatica -, cresce l’attenzione della comunicazione d’impresa verso il nuovo paradigma relazionale. Pullulano le presenze ufficiali su piattaforme social esterne al corporate site (fb, tw, ff, in, yt, fl su tutti), spesso in maniera improvvisata e poco pianificata. I siti web ora ospitano widget e tipici segni iconografici social per incrociare il traffico multicanale e fanno intravedere timide campagne strutturate. I più bravi sfruttano a pieno le potenzialità della rete stabilendo dialogo e conversazione costante con i prospect e con i fan, fino alla collaborazione partecipativa.

Domani – sostituzione oppure…?
Cosa succederà al brand site? Andrà verso la morte certa, soppiantato dagli ambienti social? Sul blog di Luca Della Dora leggo che l’agenzia argentina Kamchatcka, ad esempio, è già una case history perchè grazie alla nuova release di Twitter ha aperto un account per ogni sezione del sito (WhatWeAre, Clients, Cases, People, Tweets, Discuss, Contact). Certo, una provocazione, ma che deve far riflettere.

Kamchatka Site Demo from Kamchatka on Vimeo.


Non sono così sicuro che la sostituzione sia inevitabile, anzi. Quello di cui sono sicuro invece è che il brand potrà scegliere se portarsi in casa sempre più discorsi eteroprodotti: la conversazione là fuori già esiste, perchè perdere l’occasione di tenerla vicina allo spazio online istituzionale, se confidiamo nella qualità della nostra offerta commerciale?

Per come la vedo io la marca avrà comunque bisogno di un “contenitore ufficiale” (website o come si chiamerà) su cui far confluire contenuto, farlo circolare e da cui emettere messaggi; questo contenitore sarà popolato, è davvero il caso di dirlo, da persone dell’azienda e da persone interessate all’azienda. I social media forse saranno nè più, ne meno, dei “facilitatori relazionali” e delle “dinamiche aggregative e aggreganti“.

E voi che ne pensate? Infine, che relazione ci sarà tra il brand site e il trend inarrestabile del mobile e delle applicazioni?

Jacopo Pasquini

Consulente e docente di marketing e comunicazione digitale, specializzato in Web Marketing e UX Design. Ho iniziato a navigare su Internet nel 1997 con un modem 56k, oggi lavoro come freelance per aziende, agenzie, università.

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15 Comments
  • Beniamino

    10 ottobre 2010 at 15:48 Rispondi

    Anche io sono convinto che le aziende dovranno continuare a avere un prorpio spazio (va bene anche contenitore), un luogo dove continuare a fare azienda, esprimere creatività imprenditoriale a vari livelli.
    Che il SN sia una concreta evoluzione dei rapporti fra pubblico e aziende si sta sempre più concrettizando è assolutamente vero. Ma quello che mi domando è fino a che livello di integrazione si svilupperà questo rapporto? E se poi questo rapporto troppo stretto possa implodere su se stesso confondendo i ruoli di impresa e mercato? Chissà.

    • Doctor Brand

      11 ottobre 2010 at 10:12 Rispondi

      L’estremo del tuo ragionamento arriva a chiedersi chi farà la comunicazione del brand? I sostenitori (quello che tu chiami mercato) o l’azienda? Visioni contrastanti…

  • Gianluigi Zarantonello

    10 ottobre 2010 at 17:20 Rispondi

    Ciao,
    io resto sempre dell’idea che vada costruito un rapporto equilibrato tra quelli che sono i siti/proprietà digitali dell’azienda e i social, ne ho scritto diverse volte, come ad esempio qui http://internetmanagerblog.com/2009/11/16/meglio-inventare-ogni-volta-la-ruota-o-consegnare-ad-altri-i-propri-utenti/

    L’evoluzione del web certo ci porta a confrontarci con mezzi sempre più vari, la capacità strategica però deve essere quella di sfruttarli quando ci possono dare numeri e risorse impensabili da produrre autonomamente, ma sempre per fare i nostri scopi.

    E se non c’è online qualcosa di veramente nostro dove far dirigere le persone che ingaggiamo, come faremo poi a creare davvero relazione e valore nel tempo?

    Io la vedo così, certo ci vuole una conoscenza approfondita dei vari strumenti che non sempre si trova fuori dalla cerchia degli specialisti.

    • Doctor Brand

      11 ottobre 2010 at 10:08 Rispondi

      Concordo Gianluigi, la difficoltà di chi gestisce la comunicazione online sarà sempre più trovare l’equilibrio tra spazi interni e spazi esterni, evitando cannibalismi.

  • Giorgio Soffiato

    11 ottobre 2010 at 6:17 Rispondi

    Credo che questo tema (anche io come sai l’ho trattato http://bit.ly/ckaRuO) possa essere uno dei veri “nodi antifuffa” nel web odierno, nel senso che coinvolge il futuro di internet e di chi ci lavora indipendentemente dai “5 segreti per vendere on line” etc.. 🙂

    Il punto da cui dobbiamo partire è che Internet è un’infrastruttura e non un canale di comunicazione. Usiamo l’acqua per lavare i panni sporchi ma anche per riempire la piscina e per far crescere le piante, allo stesso modo il web può essere utilizzato con vari scopi e soprattutto contiene al suo interno diversi canali più e meno invasivi, più e meno importanti. Il vero passaggio concettuale è la presa di coscienza che internet contiene “la radio, la televisione e i giornali”, e permette di utilizzarne le specificità perchè si per sé veicola il contenuto ma non è “solo” un canale.

    A mio avviso i siti web devono forzatamente rimanere quel contenitore che tu stesso citi, devono dare la rotta, la mission dell’azienda. Se su facebook mi confronto con la mia utenza, sul sito “prenderò posizione” e dichiarerò i miei piani futuri, oltre a mostrare il mio prodotto o servizio con una giusta dimensione di vetrinizzazione, nessuno ha mai demonizzato lo spettacolo della merce off line e l’utente non avrà problemi ad accettare un sito autoreferenziale se avrà modo di dire la sua, il vero problema è costituito dall’autoreferenzialità fine a sé stessa, in cui manca la parte di discussione, confronto e miglioramento “by doing”. Il rapporto tra mezzi interni ed esterni al sito sarà a mio avviso non di sostituzione ma di incanalamento, all’esterno del sito devo dimostrarmi talmente bravo da meritarmi la visita dell’utente, giocando su twitter con le sue regole devo portarlo sul sito dove gioco con le mie, o meglio dove dopo averne catalizzato l’attenzione ho l’occasione di esporre le mie proposte.

    Lato mobile a mio avviso ciò che conta è l’esperienza di fruizione, valutando le specificità di consumo (si ha meno tempo e si cercano informazioni più precise, anche se a volte si cerca solo un’esperienza ludica, pensiamo a chi si annoia in treno), le dinamiche quindi non cambiano, l’obiettivo è quello di adattarsi al meglio ai vari device.

    • Doctor Brand

      11 ottobre 2010 at 10:21 Rispondi

      Ottimo commento Giorgio, ricco di ulteriori spunti di riflessione!

      Il problema del sito (contenitore) nei confronti del mondo comunicativo esterno (social media compresi) secondo me è un problema di linguaggio, di codifica e decodifica del messaggio e di registro.

      Mi spiego: la difficoltà maggiore è armonizzare i discorsi e “parlare la stessa lingua” dei nostri pubblici dentro e fuori i nostri ambienti digitali. Integrare e rendere coerente ai fini di business questo flusso informativo non è semplice e implica competenze e professionalità specifiche per chi governa la web communication in azienda.

      Sul mobile credo che il bello lo dobbiamo ancora vedere…siamo, forse, solo agli albori di una svolta nei comportamenti e nei consumi delle persone.

  • creattivina

    11 ottobre 2010 at 10:24 Rispondi

    quoto con moderazione. Perchè la possibilità di commentare in modo reciproco e condiviso (anche il brand) attraverso i Social è una metodologia già ampiamente in atto. Non dimentichiamo che esiste il ‘search’ su tutti i SN. E’ verosimile, quindi, che il branding si sposti ancora di più verso una logica di condivisione (come accade, ad es, su #FF) non lasciata al caso ma spostata per la creazione di una vera brand awareness… Non è pensabile continuare ad ignorare i social, è pensabile che lo spazio dedicato (sito) si trasformi totalmente in un sistema integrato di collegamenti ai social. Almeno lo spero. 😉

    • Doctor Brand

      11 ottobre 2010 at 11:16 Rispondi

      …e non solo brand awareness, ma anche e soprattutto brand identity, reputation, loyalty, affinity e chi più ne ha più ne metta. 🙂

      • GTasco

        14 ottobre 2010 at 7:18 Rispondi

        Pensando la rete come un luogo il sito aziendale è la propria casa, un ‘azienda non dovrebbe fare a meno della propria casa, ma cercare di frequentare luoghi diversi, vedi social networks e quantaltro per farsi conoscere e invitare le persone a visitare il proprio luogo

        • creattivina

          15 ottobre 2010 at 1:59 Rispondi

          Sai GTasco, non sbaglieremmo forse ad applicare tout court le regole del vivere sociale offline alla rete? E’ vero che nn siamo (qlli della rete) scollegati del vivere reale ma quando siamo qui abbiamo un codice molto complesso che secondo me scavalca, superandolo quello usato nella vita reale. La rete è volontà di potenza. In questo senso non mi sento così sicura che ‘la mia casa’, cm quella di un azienda, sia un luogo stabilito dall’azienda stessa…

  • CustomerKing

    11 ottobre 2010 at 10:47 Rispondi

    Questione intrigante non c’è che dire. Concordo con tutti i commenti già rilasciati anche perchè come dice Giorgio Internet è una piattaforma e non un canale quindi è un insieme di modalità di comunicazione che prescinde dallo specifico SN o microblog attualmente in uso. Cosa succederebbe infatti se FB facesse la fine di Friendster? A mio avviso l’azienda dovrebbe concentrarsi sulla strategia di comunicazione in maniera olistica, contemplando quindi la parte social indipendentemente dallo specifico media di moda e cercando di gestire nel proprio sito la summa dei risultati di engagement ottenuti con la suddetta strategia. Quindi oltre che vetrina e brandplace anche contenitore dei risultati raggiunti relazionandosi con il proprio mercato anche e soprattutto, mi permetto di dire, in un’ottica di Social CRM e Enterprise 2.0
    Ti lascio Jacopo con un quesito. Ha fatto bene Ducati a chiudere il suo blog (esempio di successo nell’utilizzo di uno strumento partecipativo con la propria comunità di riferimento) per concentrarsi esclusivamente sulla sua pagina FB? A mio parere no per i motivi espressi sopra.

    • Doctor Brand

      11 ottobre 2010 at 11:14 Rispondi

      Su Desmoblog credo che la scelta di chiusura sia stata imposta più da carenze di personale dedicato piuttosto che da scelte strategiche. Detto questo penso che la scelta dei mezzi sia uno dei punti fondamentali nel piano di comunicazione e, per risponderti, penso che blog e social siano complementari e non auto-esclusivi.

      Di più: si ottiene una copertura maggiore distribuendo nel modo corretto i contenuti nei vari canali, piuttosto che pacchettizzandoli e tenendoli separati.

  • Fabio Modica Masini

    11 ottobre 2010 at 11:29 Rispondi

    Molto difficile prevedere e capire il presente, figuriamoci immaginare il futuro, in una realtà così frenetica e mutante.
    Sono comunque d’accordo che esista sempre una realtà ufficiale “contenitore istituzionale” che si integrerà con altre realtà che siano social network o altro, in questo modo si creerà un unico mix in un grande contenitore che diventa un grande media del brand.
    Il sito istituzionale sarà comunque il punto centrale, soprattutto perchè è un contenitore proprio e può essere gestito ad hoc.
    Mentre per gli altri social sono strutture di terze parti e sono soggette a modifiche e cambiamenti anche senza preavviso lungo il loro percorso che possono anche in parte limitare le necessità comunicative delle aziende.
    E comunque ogni elemento del mix comunicativo ha e avrà una propria sfaccettatura.
    Ma questo è il gioco…. ed è un bel gioco comunicativo.

    • Doctor Brand

      11 ottobre 2010 at 13:24 Rispondi

      Ecco, hai centrato il punto Fabio: questo “grande contenitore che diventa un grande media del brand” si troverà inserito in un contesto in cui l’uomo è il media (human media, appunto).

      E un altro possibile “gioco” sarà studiare l’umanizzazione delle aziende, o meglio, della loro comunicazione.

      • Fabio Modica

        11 ottobre 2010 at 14:53 Rispondi

        infatti, ma a questo punto entriamo in un aspetto ETICO… dell’utilizzo della comunicazione, dove la comunicazione diventa primaria a discapito del fare “profitti a tutti i costi…”
        ma questo è un altro capitolo…
        😉

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