Brand identity 2.0

Chi sono? Chi sono nei confronti degli altri? La marca post-moderna manifesta se stessa e la propria identità per differenza: il compianto Lévi Strauss diceva infatti che “Non può esserci identità se non c’è differenza“.

Costruire, gestire e monitorare l’identità vuol dire analizzare aspetti cognitivi, emotivi e comportamentali. Oggi più che mai, la brand identity esprime, attraverso il posizionamento, uno dei punti cardini del patrimonio di marca; in altre parole gli elementi della marca producono senso  nei confronti dei consumatori, ma contemporaneamente rafforzano la brand equity.

Generare identità non è più un solo drive di notorietà e awareness ma diventa il primo biglietto da visita della brand reputation.

La comunicazione d’impresa affronta infatti il sovraffollamento e la perdita di rilevanza dei messaggi attraverso discorsi, storytelling e valori della marca: come cambia il “Modello di Kapferer” (uno dei modelli di brand identity più completi e diffusi) nel web 2.0? Vediamolo insieme.

1) Aspetto fisico Presenza: il brand è uno spazio oggettivo, una forma, uno stile, un colore, una musica, una materialità, un attributo tangibile (il blu di Barilla, il cavallino della Ferrari), una rappresentazione di sé; tutto questo online e offline. Non solo va considerato sotto il profilo visivo, ma anche percettivo- funzionale; non solo come il brand si veste, ma anche l’esperienza diretta. Il concetto di “avatar” viene superato dal “metterci la faccia” per promuovere trasparenza e generare fiducia. Cresce sempre più l’importanza di realizzare un piano di immagine coordinata multimediale , cross-canale e multidevice.

2) Relazione: incontro, scambio, partecipazione, conversazione; è su questo territorio che si gioca la partita più importante tra la marca ed il consumatore. La relazione diventando conversazione impone bi-direzionalità, ascolto e feedback continuo. Un brand non può diventare il Re della conversazione, se non ha un popolo a cui parlare. Focalizzarsi nelle relazioni è il primo passo per crescere. Il brand deve farsi trovare pronto, non ci sono alternative! Social media marketing, PR 2.0 e non-convenzionale sono gli strumenti del presente e del prossimo futuro.

3) Riflesso Reputazione: è l’immagine che la marca fornisce al consumatore; l’immagine di marca ha lo scopo di creare la fedeltà di marca attiva o passiva. La brand image è la percezione dell’identità nella mente del pubblico, è l’insieme delle rappresentazioni mentali, cognitive e affettive; si costruisce con marketing, advertising e PR “old-style” e si divide in:
  1. immagine percepita: come il consumatore vede la marca
  2. immagine reale: la realtà della marca
  3. immagine desiderata: come si vuole far percepire la marca

Dalla brand image oggi occorre focalizzarsi sulla brand reputation, per generare fiducia, passaparola positivo e condivisione. Sono i clienti a “fare” il marchio, a riempirlo di valore in base alla reputazione “effettiva” basata sulla riconosciuta bontà del prodotto. La brand Reputation è quello che gli altri pensano, dicono, sentono di noi, è la percezione creata dalle persone che parlano della marca e deriva dai comportamenti del brand; genera consenso, entusiamo e brand advocacy.

4) Immagine di sé Esperienze: significa quello che i consumatori pensano di loro stessi mentre utilizzano la marca; fare branding 2.0 vuol dire far provare un’esperienza coinvolgente. Engagement e nuovi esperimenti di comunicazione pubblicitaria. L’esperienza può essere sia diretta che indiretta, proprio come accade nel momento in cui ci creiamo degli atteggiamenti verso una persona, un idea, un oggetto. In questo caso sono proprio le conversazioni e il grado di appartenenza alla community, ad influenzare le nostre opinioni su un prodotto.

5) Universo culturale: valori e cultura della marca, network e community; il brand deve costruire universi simbolici, tribali e codici comuni con il proprio pubblico attraverso piattaforme di brand community. L’universo culturale aiuta a sviluppare e identificare rapidamente un network solido di persone accumunate da idee-relazioni-consumi. Il grado di interazione, dipenderà molto dalla personalità del brand e dal suo aspetto fisico. Le persone non comprano prodotti e servizi ma aderiscono al contratto semiotico che la marca propone.

6) Personalità: il profilo/behaviour è la componente connotativa della marca come segno; oggi il brand diventa “persona” attraverso i propri discorsi e attraverso i propri comportamenti online e offline. La marca è a tutti gli effetti un soggetto al pari dei propri consumatori; deve quindi fornire modelli di identificazione chiari, unici e coerenti attraverso tutte le forme di espressione. Un brand senza personalità non può vivere nel tempo, meno che mai nel web: personalità digitale significa stabilire “a che gioco giochiamo” e significa stabilire il ruolo che il mio brand assumerà negli scenari possibili. Sarà una marca “istituzionale” oppure “innovatrice”? Sarà “protagonista” o “discreta”? “Consulente” o “amica”?

Su friendfeed ho creato il gruppo “Branding 2.0” con l’obiettivo di condividere analisi, modelli e ipotesi sia riguardanti la marca post-moderna. Iscriviti e partecipa!

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Andrea Colaianni ha approfondito molto la discussione nel suo blog e, come lui, tante altre persone hanno partecipato aggiugnendo il proprio mattoncino;  alla fine, questo è il “Modello Brand Identity 2.0” co-creato con il contributo di tutti [grazie!]:


Partendo dal nuovo schema ho raccolto, rielaborato e prodotto una dispensa 100% free: scaricala e condividila!

Ecco come diventa, secondo me, il nuovo “Modello Brand Identity 2.0“:





Scarica e condividi la presentazione: [VECCHIA PRESENTAZIONE]

Jacopo Pasquini

Consulente e docente di marketing e comunicazione digitale, specializzato in Web Marketing e UX Design. Ho iniziato a navigare su Internet nel 1997 con un modem 56k, oggi lavoro come freelance per aziende, agenzie, università.

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