Target? No, grazie!

Niente, ancora non si riesce a superare l’etimologia militare del termine “target” e la colpa a dire il vero è distribuita e trasversale.

Sarà perché la deformazione insanabile di noi professionisti ci fa adagiare su territori semantici noti e ostili al cambiamento.

Sarà perché i piccoli negozianti leggono sui blog post della serie “Vuoi diventare ricco? Conosci il tuo target!” e rimangono folgorati sulla via di Damasco.

Sarà perché i manager continuano a vedere nella campagna (appunto) di marketing un proiettile per  colpire obiettivi umani.

Sarà perché in agenzia nelle presentazioni sostituire “target” con “pubblico” fa storcere il naso un po’ a tutti, dallo stagista al direttore creativo.

Sarà perché nelle aule, anche universitarie certo, è il modo più canonico per spiegare ai ragazzi chi sono i destinatari della comunicazione.

Il buon Kotler mi odierebbe ma, boh, per me non ha più senso continuare a pianificare strategie con in testa questa logica “pay per shot“: qui non ci sono bersagli da colpire, ma persone da coinvolgere.

Benvenuti nel 2013!

target

 

 

Jacopo Pasquini

Consulente e docente di marketing e comunicazione digitale, specializzato in Web Marketing e UX Design. Ho iniziato a navigare su Internet nel 1997 con un modem 56k, oggi lavoro come freelance per aziende, agenzie, università.

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7 Comments
  • Irene

    21 gennaio 2013 at 9:53 Rispondi

    D’accordo con te Jacopo. L’evoluzione dei concetti dovrebbe viaggiare parallela a quella linguistica. Ma credo sia solo una questione di tempo. Il tempo necessario alla gente di realizzare quello che sta facendo: condividere.
    Tuttavia resto convinta della necessità di costruire piani di comunicazione destinati ad un pubblico definito. Piuttosto penserei al mio pubblico come ad un insieme di singoli individui che hanno interessi. Mi rivolgerò allora a quella fascia che condivide l’interesse verso il mio prodotto o il tema che affronto.
    Se vuoi far colpo su una donna e sai che non ama il cibo giapponese non la porterai mai a mangiare sushi.

    • Jacopo Pasquini

      21 gennaio 2013 at 10:19 Rispondi

      Certo Irene, quello che propongo è uno switch linguistico ma soprattutto concettuale.
      A mio avviso il piano di comunicazione sarà più efficace quanto più si rivolgerà alle “persone” e non a obiettivi da intercettare: scommettiamo che il sushi sembrerà ancora più buono?
      😉

  • Silvia

    22 gennaio 2013 at 11:29 Rispondi

    interessante e giusta riflessione – io vado matta per le speculazioni linguistiche – ma… così si rischia di confondere le idee tra obiettivi di marketing e quelli di relazioni pubbliche.
    O è che il marketing da un po’ di tempo assomiglia sempre più a un concentrato di RP in salsa più aggressiva e mirata (alla vendita)? 😉

  • Silvia

    28 gennaio 2013 at 8:27 Rispondi

    PS: allora facciamo al plurale “pubblici” va’…
    un abbraccio a te!

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