Google plus e social network. Il marketing è equilibrio tra contenitori e contenuti.

Premesso che lascio volentieri la parola a contributi in rete più (anzi + :)) autorevoli del mio sugli aspetti tecnici di G+, l’argomento che invece vorrei sottolineare è la dinamica mediatica e la sua conseguente deriva comunicativa (ndr: la cena di ieri sera con Marco Massarotto e Giuseppe Segreto è stata illuminante, oltre che piacevole).

Ok, partiamo dalle basi.

Siamo nei primi anni del 2.000 e il rapporto tra popolo della rete da una parte e social network dall’altra non è propriamente amore a prima vista. Sul web spopolano le chat e nel frattempo si sperimentano le prime acerbe forme d’interazione. “Di pancia” il fenomeno della socializzazione suona un pò strano e invasivo. I network digitali rispondono a domande precise, poche e verticali: seguire da vicino un gruppo musicale, mantenere una relazione con i compagni di scuola, condividere i propri interessi sportivi.

Poi lentamente flussi di conversazione dilagano a macchia d’olio pervadendo in ogni spazio libero alla conquista, come virus impavidi, di territori personali e nuove occasioni d’uso. Certo la tecnologia, in mobilità, supporta e amplifica il cambiamento ma la vera forza dei social media è soddisfare bisogni di voyeurismo mescolato con autostima, cazzeggio, life sharing, ricerca di informazioni e fiducia tra pari.

In questa fase siamo in pieno overload informativo perché i contenitori, o se preferite le piattaforme di comunicazione, sono nettamente inferiori rispetto ai messaggi inviati e ricevuti. L’oggetto di conversazione è di conseguenza trasversale rispetto agli ambienti mediatici: senza uscire da facebook, ad esempio, si può parlare di surf in una like page e due click dopo postare un commento sul Presidente del Consiglio.

Per sopravvivere i social network hanno bisogno delle persone e le persone plasmano una parte importante del loro stile di vita sulla social identity. Le aziende potevano restare a guardare? Certo che no! Ed eccoci arrivati al social media marketing.

I brand con le loro pagine ufficiali, i loro payoff e la loro comunicazione corporate e di marketing alimentano l’entropia sui social: adesso servono filtri di pertinenza per disambiguare il contenuto rilevante dal white noise. I grandi player come Google assecondano il big trend segmentando la propria offerta grazie alla generazione di altri nuovi social network, di cui G+ è l’ultimo di una lunga serie (anche di fallimenti come Wave e Buzz).

Il risultato è che ci stiamo spostando verso la moltiplicazione degli strumenti di comunicazione in modo talmente veloce che si ipotizzano azioni di marketing sul mezzo ancora prima di averne le funzionalità. Le congetture sul Goole plus marketing e di come saranno le brand page su G+ ne sono una prova: forse anche le pagine aziendali adotteranno la logica vincente di differenziazione del messaggio in tanti “micro-circle di follower”, o forse no, chissà…

I contenitori crescono ma i contenuti cresceranno in correlazione oppure si disperderanno in frammentazioni digitali? Certo la duplicazione del messaggio su più social network sarà sempre possibile (es: posto la stessa foto in bacheca fb e in una cerchia di G+) ma arriveremo mai al paradosso di avere più luoghi di conversazione che conversazioni?

Lo scopriremo solo vivendo, nel frattempo può tornare sempre comodo ottenere un invito all’anteprima di G+.

Jacopo Pasquini

Consulente e docente di marketing e comunicazione digitale, specializzato in Web Marketing e UX Design. Ho iniziato a navigare su Internet nel 1997 con un modem 56k, oggi lavoro come freelance per aziende, agenzie, università.

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