Il lato oscuro dei social network

Giuseppe Riva

Come sapete, di recente ho buttato giù alcune considerazioni sul saggio psicologico “I social network” di Giuseppe Riva. Oggi è con grande piacere che ospito un guest post di Giuseppe dedicato agli aspetti negativi dei social network, come l’analfabetismo emotivo, l’identità fluida adolescenziale, il furto d’identità e la dipendenza da Internet. Buona lettura!

Quando si parla di social network si tende sempre a enfatizzarne gli aspetti positivi. In realtà, come racconto nel mio libro “I social network”, le reti sociali sono un vincolo, in quanto obbligano i soggetti ad adattarsi alle caratteristiche degli strumenti utilizzati.

Da una parte, il corpo reale con le sue emozioni scompare dalla relazione. Viene sostituito da un corpo virtuale formato da una pluralità di immagini parziali e contestualizzate che mostrano soltanto quegli aspetti che vogliamo condividere e sottolineare. Questo processo ha come possibile effetto l’analfabetismo emotivo: l’incapacità di riconoscere le emozioni proprie o altrui. Per esempio, lasciare il proprio ragazzo semplicemente cambiando il proprio status su Facebook da «fidanzata» a «single» è molto diverso che dirgli «ti voglio lasciare» guardandolo negli occhi. Se nel secondo caso, osservare la risposta emotiva dell’ex ci costringe a condividere la sua sofferenza spingendoci a moderare le parole e i gesti, usando il social network l’altro e le sue emozioni non sono immediatamente visibili e non hanno quindi un impatto diretto sulle nostre decisioni. Ciò priva il soggetto di un importante punto di riferimento nel processo di apprendimento e comprensione delle emozioni proprie e altrui con effetti che vanno dal disinteresse emotivo alla psicopatia.

Allo stesso tempo, questo corpo virtuale, insieme alle storie raccontate da noi e dai nostri amici nei social network, assume vita propria rimanendo presente e visibile anche quando noi non lo vogliamo. Questa possibilità produce il primo dei paradossi dei social network: se io posso più facilmente cambiare la mia identità è vero che anche l’intervento esterno può modificare più facilmente il modo in cui gli altri percepiscono la mia identità. Per esempio, un singolo commento negativo di un amico può avere un impatto rilevante sul modo con cui gli altri membri della rete mi percepiscono. Il risultato è un’«identità fluida», che è allo stesso tempo flessibile ma precaria, mutevole ma incerta. Se un’identità fluida può essere un vantaggio per un adulto, può diventare un problema per un adolescente che sta cercando di costruire la propria identità. In particolare può portare a un rallentamento del processo di costruzione dell’identità e a sostituire la stabilità e il futuro con un eterno presente privo di certezze e di legami.

Un ulteriore problema – non solo per gli adolescenti ma anche per gli adulti – è la grande quantità di dati e informazioni personali presenti nei social network. Tali informazioni sono alla base del secondo paradosso dei social network: se nei social network posso più facilmente cambiare la mia identità virtuale è vero anche che, seguendo le tracce lasciate dalle diverse identità virtuali, è più facile per altri ricostruire la nostra identità reale. Infatti, le tracce delle diverse identità creano una memoria storica della propria attività e personalità che non scompare anche quando il soggetto lo vorrebbe. Tale memoria storica può essere utilizzata da altri a scopi professionali – per esempio, per valutare un candidato in un colloquio di lavoro – o fraudolenti, per esempio per assumere la personalità di un altro, come avviene nel furto d’identità (identity theft).

Infine, anche il successo dei social network nasconde un’insidia: gestire il proprio profilo su un social network richiede all’utente tempo e capacità di gestione non banali che possono avere un impatto rilevante sull’attività lavorativa o di studio. Se un uso moderato dei social media inferiore al 20% del tempo lavorativo (circa due ore al giorno) può produrre un aumento di produttività, il superamento di questa soglia può nascondere un vero proprio «disturbo di dipendenza da Internet» che ha un impatto significativo sulla produttività individuale e sulla dimensione relazionale.

In conclusione i social network, come tante altre cose nella nostra vita quotidiana, hanno due facce: una buona e una cattiva. Se usati da persone mature in modo responsabile sono un’importante opportunità per raccontarsi, per migliorare le proprie relazioni interpersonali e perfino per fare business. Al contrario, se usati in maniera non responsabile da persone troppo giovani possono creare problemi e difficoltà che in alcuni casi nemmeno il tempo riesce a cancellare.

Giuseppe Riva

Jacopo Pasquini

Consulente e docente di marketing e comunicazione digitale, specializzato in Web Marketing e UX Design. Ho iniziato a navigare su Internet nel 1997 con un modem 56k, oggi lavoro come freelance per aziende, agenzie, università.

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