La pubblicità sulle banconote
Sono combattuto dalla campagna “Vodafone – The bank note sticker” ideata dall’agenzia tedesca Scholz & Friends NRW. Combattuto perchè se da un lato la deformazione professionale (pseudo) bancaria mi suggerisce apprezzamento e stupore, dall’altro lato la deformazione professionale comunicativa mi suggerisce perplessità e incertezza.
Provo a spiegarmi meglio. Esiste il “Money Advertising“? Non lo so! Però so che in Europa vengono utilizzate anche le banconote come canale ufficiale di marketing.
Qualche mese fa vi avevo parlato di un’iniziativa Volkswagen che sfruttava, appunto, la banconota da 50€ come veicolo pubblicitario. Venerdì scorso, guarda caso, spunta nel lettore feed RSS questo post di Alessandro Del Re che da subito insinua il dubbio in me: quella degli adesivi Vodafone sulle banconote da 10€ è un’azione di guerrilla geniale, oppure è un segno forte che stanno terminando gli spazi di comunicazione? Forse nessuna delle due risposte soddisfa al 100% le mie domande.
Certo, mi dico, la sovraesposizione dei messaggi, il sovraffollamento dei prodotti, l’indifferenziazione dei codici e dei mezzi pubblicitari, l’efficacia sempre decrescente dell’advertising tradizionale producono inevitabilmente anticorpi persuasivi, assuefazione, ovvietà e calo di interesse.
Quindi perchè non andare a cercare superfici inaspettate e attenzionali, come una banconota? Esiste un limite, oltre a quello legale e normativo? Che distanza c’è ancora tra l’interruption marketing ed il marketing dell’ascolto? Dove finisce la creatività e dove inizia il passaparola?
E poi, cosa succederebbe se una Banca iniziasse a marchiare, anche solo con adesivi temporanei, mazzette su mazzette? Quanto sarebbe bello se il contenuto del messaggio non fosse una semplice promozione ma piuttosto un invito al dialogo, magari su piattaforme conversazionali online? Se ci pensiamo bene, la banconota è l’artefatto comunicativo per definizione tra Cliente e Banca: semplice ma geniale.
Continuo ad essere combattuto.
Iabicus
22 marzo 2010 at 5:52http://invad.blogspot.com/2010/03/money-ad.html
Doctor Brand
22 marzo 2010 at 8:59Grazie Paolo,
segnalo anche questo post su INVAD: http://invad.blogspot.com/2006/11/i-soldi-non-fanno-la-pubblicit.html
ilpiac
22 marzo 2010 at 9:04Gli spazi di comunicazione stanno decisamentre scemando e non da oggi. Se i media tradizionali denotano un calo di attenzione allora ci si sposta alla ricerca di nuovi media ma comunicare su di essi alla stessa stregua di quanto si faceva sui media tradizionali sposta solo più in là nel tempo il problema: al di là dell’attenzione dettata dall’insualità del supporto, quando anche le banconote saranno coperte di annunci, quale nuovo media dovremo studiarci? Ben diverso è il marketing dell’ascolto, dove non è tanto o non è solo il mezzo/il contenitore che cambia, ma anche e soprattutto il contenuto ed il modo di rapportarsi. Forse un mix dei due potrebbe risultare, se ben studiato, più funzinale almeno sul lungo periodo.
Doctor Brand
22 marzo 2010 at 19:01Si Maurizio, è un processo fagocitante che si contorce su se stesso e contribuisce, purtroppo, a far degenerare l’advertising sull’autoreferenzialità e sulla perdita di efficacia.
Ponendoci obiettivi strategici piuttosto che tattici vedo anche io inevitabile il connubio con ascolto e conversazione: da sola, anche la creatività più stupefacente, non può bastare!
ilpiac
23 marzo 2010 at 7:22In effetti da sola la creatività, per quanto originale possa essere, porta all’interesse del momento, forse alla sorpresa che assicura un’attenzione momentanea; dopo siamo punto e a capo, con la necessità di studiare/ideare nuove creatività ancora più sbalorditive o strane. L’assuefazione “verso l’alto” è facile a crearsi, una volta visto qualcosa di originale ci si aspetta sempre, per le occasioni future, qualcosa di più e di meglio. È un trend difficile da mantenere se non lo si accompagna con un’attenzione analoga ai contenuti. Una comunicazione che conversa e che quindi porta avanti il discorso anche e ben al di là del sensazionalismo del momento è molto meglio perché – a volerla vedere anche solo da un becero punto di vista utilitaristico aziendale – se seguita curata con la dovuta attenzione porta avanti sé stessa senza dovere inseguire nulla e nessuno. Forse le idee, più o meno creative che siano, potranno anche essere infinite, ma di sicuro non lo sono gli spazi per cui – prima o poi – torneremo ad avere il problema della saturazione dei media, che siano tv, radio, stampa, banconote o altro ancora.
L’etimologia di interruption marketing è molto chiara: interrompere = inter-rompere, cioè rompere a metà, impedire la continuazione. Per quanto originale possa essere il mezzo, interrompere ormai non basta più.
Simone
22 marzo 2010 at 12:30Ciao
molto interessante
ti ho citato da qui
http://www.facebook.com/comunicare2.0
grazie!
Doctor Brand
22 marzo 2010 at 18:52Thnx Simone 🙂
ilpiac
23 marzo 2010 at 14:34A proposito di adv che ha lasciato il segno – intendo quello duraturo, non la mera sorpresa del momento – oggi è morto Emanuele Pirella.
Suoi alcuni dei tormentoni pubblicitari che ancora oggi ricordiamo. Un’ottima comunicazione resta sempre tale indipendentemente dal media sulla quale la si veicola, “old media” o “new media”.
Doctor Brand
23 marzo 2010 at 15:10Bravissimo Maurizio; ho ricordato la notizia anche nella mia fan page: http://www.facebook.com/doctorbrand.it
ilpiac
25 marzo 2010 at 7:32Questa mattina stavo meditando sul tema di questo post.
I mezzi di comunicazione tradizionali o comunque più conosciuti sono saturi, va bene. Che ci si getti a capofitto nella ricerca di media incontaminati curandosi solo in un secondo momento di cosa si andrà a comunicare è però un errore madornale.
Mezzi di Interruzione di Massa. Ecco cosa otteniamo se cerchiamo solo ed esclusivamente un nuovo media per irrompere nella vita dell’utilizzatore: interrompiamo quello che migliaia di persone stanno facendo, lo interrompiamo oggi con alcuni mezzi e domani con altri ancora più sensazionali, ma ci siamo prima assicurati che quell’interruzione sia prodromica ad un rapporto di comunicazione più duraturo e non sia piuttosto una fugace apparizione destinata a lasciare il tempo che trova? Non dico che sia facile coniugare esigenze sempre più pressanti di visibilità con l’altrettanto urgente necessità di comunicazione (intesa nella sua vera etimologia) però mi piaceva la defizinizione “Mezzi di Interruzione di Massa”, a significare quello che anche i media nuovi NON devono diventare.
Doctor Brand
25 marzo 2010 at 13:33“Mezzi di Interruzione di Massa” lo depositerei fossi in te… 😛
Scherzi a parte, il tuo commento davvero interessante chiarisce in definitiva il senso del post: l’equilibrio tra media (banconota) e messaggio (offerta Vodafone), passando tra tecnica di comunicazione (Money ad), target (molto indistinto) e obiettivi (awareness).
Le conseguenze della campagna? Interruption o attenzionalità? O entrambe?
ilpiac
25 marzo 2010 at 15:00Per essere efficace a livello comunicativo io direi attenzionalità. Sull’iniziativa, nello specifico, non saprei però dire se si tratti solo di interruption o si riesca ad arrivare a qualcosa in più…
Per la definizione, beh, mi è venuta in mente e l’ho usata proprio perché, almeno secondo me, rende bene l’idea del rischio insito in una ricerca e in un uso sfrenato di nuovi media. Se poi diventerà una definizione calzante ed utilizzata vorrà dire che linkeremo a questo post che ne ha decretato i natali 🙂
Doctor Brand
29 marzo 2010 at 7:16Interessante post di Maurizio Piacenza “Mezzi di interruzione di massa”:
http://ilpiac.tumblr.com/post/472660548/mezzi-di-interruzione-di-massa
lookdown
17 aprile 2010 at 12:51Novità relativa, la cosa riemerge a cadenza ciclica; ricordo monetine con sopra le pubblicità dei bar alla fine degli anni ’80.
Se sia innovazione o disperazione non saprei, forse nessuna delle due… si cerca una nuova strada che, regolarmente, fallisce; magari quella che manca è proprio la memoria storica dei comunicatori. 😉
Doctor Brand
18 aprile 2010 at 22:47Uau la pubblicità sulle monetine!!! 🙂
Certo l’idea nn sarà stata poi così originale ma sulla memoria storica non è semplice tenere sotto controllo artefatti, superfici e strumenti di comunicazione…la produzione è galattica, ci vorrebbe l’enciclopedia per evitare l’entropia!!!