Newsletter = Spam (forse, quasi!)
16 dicembre 2009
In
Comunicazione
Capita, a volte capita di ricevere email commerciali pertinenti e interessanti. Bugia: non capita mai (o quasi)!
Paragonabile [per me] al Titanic della comunicazione, la newsletter è ancora paradossalmente lo strumento più utilizzato di direct marketing: seguono telefonata classica da call center, SMS, MMS e altre forme di media digitali.
Paragonabile [per me] al Titanic della comunicazione, la newsletter è ancora paradossalmente lo strumento più utilizzato di direct marketing: seguono telefonata classica da call center, SMS, MMS e altre forme di media digitali.
Ma funziona davvero? Mmm, sposto l’ago della bilancia verso un dubbiosissimo “no”.
Ecco una email che ho ricevuto in settimana e che mi ha portato a riflettere: complimenti per i contentuti testuali rapidi e sintetici! 🙂
“Il problema vero” in realtà sono “i problemi veri”, cioè una serie di fattori che vanno a incidere negativamente sui risultati di un invio di DEM (Direct Email Marketing). Perchè? Facciamo un piccolo gioco.
Mitico, abbiamo pronto il nostro database di marketing con tutti i nostri contatti segmentati e filtrati come i nostri simpatici amici consulenti ci hanno indicato. Fantastico: testi e immagini della newsletter sono ok. Tutto è studiato nei particolari, dai colori ai marchi, dal layout grafico alla clusterizzazione dei “clienti propensi a ricevere proposte fantasmagoriche” [mah, contenti loro]. Finalmente siamo pronti a sparare tramite la nostra piattaforma applicativa…basta un click…e via, andata! Ma poi cosa succede? Che tassi di apertura ho? Che ritorni sulla call to action ottengo? Quali sono le sezioni più viste? Quali percorsi di navigazione vengono fatti prevalentemente? Che tasso di bounce registriamo? Tassi di conversione? Cancellazioni? Certo, tutte domande a cui un buon client software di gestione può rispondere tranquillamente, basta pagare le licenze.
Ciò che invece mi lascia francamente perplesso e privo di risposte è la strategia di base che adottiamo: qui parliamo di interruption marketing, di intrusività, di consenso alla privacy “forzato”. Manca interazione, manca il tempo reale, manca la condivisione. L’emittente del messaggio si pone ad un livello superiore rispetto al destinatario, in pratica l’esatto opposto del nuovo paradigma di relazione tra impresa e consumatore. Della serie: io scrivo, tu leggi e l’interazione tra noi può essere circoscritta tra un “cancellati” ed un “rispondimi qui ma il il dialogo rimane tra noi due, non è visibile a tutti”.
Ci vuoi dire che le newsletter moriranno? No, tra il bianco ed il nero c’è sempre una bella scala di grigio. Magari cambieranno ed evolveranno, spero in meglio per chi le riceve. Tanto ormai lo sappiamo che non funzionano più i giochini persuasivi-manipolatori nel campo “oggetto” e in quello del “mittente”; tanto ormai lo sapiamo che i tentativi di phishing sono all’ordine del giorno; tanto ormai lo sappiamo che tranne rari casi, il 90% delle volte contengono informazioni inutili e fastidiose.
Di certo lo strumento è inflazionato, fortemente misurabile, relativamente poco caro e per questo appetibile. Tentativi ed esperimenti di on/offline ci sono e talvolta degni di nota; nella stragrande maggioranza dei casi, perdonatemi, ancora siamo lontani dalla decenza.
Vi lascio con l’equazione newsletter: marketing 1.0 = feed: marketing 2.0
W i filtri antispam!
Phil_M
23 dicembre 2009 at 16:34Anche io odio le newsletter. E pur avendo cambiato indirizzo mail, malgrado eviti di registrarmi in giro icon ogni casellina vuota che vedo, dopo alcuni mesi ci risiamo!!! SPAM!!. moolto meglio i feed. assolutamente. grande jacopo.
Doctor Brand
25 dicembre 2009 at 0:34Grande Phil, buone feste!
Simone
30 gennaio 2010 at 19:36Ciao Jacopo, non condivido al 100% quanto hai riportato sull’articolo sopra citato, e ti spiego perchè.
Sono il titolare di una piccola agenzia di viaggi a Firenze ed appassionato come te di comunicazione e marketing.
A tal proposito, mi ritrovo spesso ad organizzare eventi con lo scopo di raccogliere i dati dei presenti.
A seconda della serata e del tipo di partecipanti, preparo un questionario ad hoc per i presenti, e grazie a questo, ed al modo di come comunico con i miei clienti in agenzia, sono riuscito a creare un database con un discreto numero di contatti con info più “specifiche” della gente.
Così facendo, utilizzo la tecnica dell’opt-in e faccio arrivare alla gente una dem con delle info (o delle offerte nel mio caso) con quello che loro mi hanno chiesto, e ti posso garantire che raramente qualcuno mi richiede la cancellazione, anche perchè , non ne abuso mai più di tanto.
Condivido con te il fatto che spesso la maggior parte di newsletter che riceviamo, sia fatto da spam o da materiale che non ci interessa minimamente; però a mio avviso credo che non sia corretto affermare (come riporti te) che sia sempre “posta indesiderata”, basta che quello che riceviamo sia di nostro gradimento ed interesse, accompagnato da un titolo “intrigante”.
Inoltre ad oggi la Dem rimane tra i messaggi + diretti ed economici di far arrivare o conoscere il propio prodotto al cliente.
Con stima per quello che fai,
Simone
Doctor Brand
1 febbraio 2010 at 19:21Simone ciao e grazie per il commento preciso e intelligente!Beh, in parte hai ragione: quando c’è interesse, pertinenza, un oggetto studiato ad arte e soprattutto un mittente qualificato e già noto anche il DEM produce risultati.Le generalizzazioni (TUTTE le mail sono = posta indesiderata) che trovi miei post sono spesso volutamente provocatorie…Io sono un esempio vivente di contraddizione, soprattutto quando mi arrivano mail di offerte speciali da certe marche di surf, voli low-cost e apple store! :PStay tuned!